Agrumi di Sicilia: “troppa deregulation, filiera in crisi”

Entra nel vivo in queste settimane la campagna agrumaria in Sicilia. Il presidente del Distretto Agrumi di Sicilia, Federica Argentati, interviene sul tema dei succhi di agrumi “Made in Sicily”, sollecitando vertici regionali e aziende di produzione e trasformazione a perfezionare l’Accordo Quadro siglato nel marzo 2014 con la Regione, a sostegno della filiera agrumicola siciliana per la valorizzazione di succhi di agrumi di qualita’ provenienti da colture dell’isola e dei relativi sottoprodotti derivanti dal processo di trasformazione (come il pastazzo).

“Dopo la firma di quell’Accordo quadro – spiega la Argentati – le aziende siciliane di produzione (produttori) e quelle di trasformazione (industriali) avrebbero dovuto confrontarsi e concordare qualita’, quantita’ e prezzo degli agrumi da destinare alla produzione di succhi Made in Sicily con materie prime certificate – arance, limoni, pompelmi – provenienti dalle campagne siciliane. Un accordo importante che, se opportunamente sviluppato, avrebbe garantito molteplici vantaggi per l’agrumicoltura siciliana, una delle voci piu’ importanti del PIL isolano. Da un lato la possibilita’ per produttori e imprese siciliane di negoziare fra loro un prezzo congruo per le future campagne agrumarie; dall’altro la valorizzazione degli agrumi siciliani e dei succhi, prodotti di qualita’ dei quali e’ possibile seguire la tracciabilita’ di materie prime e dei loro derivati; quindi lo stop all’attuale deregulation che, di fatto, scontenta tutta la filiera. Senza contare il valore aggiunto, in termini di immagine del territorio siciliano che, con una produzione aggregata, si presenta compatto e competitivo sul mercato globale”.

Una deregulation che rischia di creare seri problemi sul fronte occupazionale. Spiega, preoccupato, Salvatore Imbesi, amministratore di Agrumi-Gel di Barcellona Pozzo di Gotto (Me), una delle piu’ attive aziende di trasformazione siciliane (25mln di fatturato nel 2014, 45 dipendenti e 20 nell’indotto): “Piu’ volte, invano, ho sollevato il problema cercando di contribuire direttamente con azioni concrete. Evidentemente la questione viene sottovalutata o comunque non affrontata in maniera adeguata. Se le condizioni attuali permarranno saro’ costretto a chiudere la mia impresa con ripercussioni negative sia sull’intera filiera sia sull’occupazione”. Per la Argentati “e’ paradossale che, a fronte di un contesto internazionale caratterizzato da una globalizzazione degli scambi commerciali, da una forte concorrenza delle produzioni estere, da problematiche ambientali e di supporto alla filiera in generale, in Sicilia ci sia una totale assenza di regolamentazione del comparto agrumicolo del prodotto trasformato che ha costretto tante piccole realta’ a chiudere”. “Senza accordi di filiera quadro – conferma Giuseppe Di Silvestro, presidente CIA Catania – con cui le imprese stabiliscano per un triennio prezzi, qualita’ e quantita’ del prodotto da destinare alla trasformazione, la Sicilia non riuscira’ mai davvero a crescere”.

Redazione

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