La crescita economica dipende dall’export “complesso”: pubblicato sulla rivista Plos one lo studio CNR-Sapienza

ROMA – Che cosa trasforma una nazione povera in una nazione ricca? Secondo i fisici dell’Istituto dei sistemi complessi del Consiglio nazionale delle ricerche (Isc-Cnr) di Roma, le nazioni sul cui futuro economico conviene scommettere sono quelle che nell’ultima ventina d’anni hanno saputo arricchire il paniere del loro export con prodotti complessi, cioè sofisticati o high tech, ma ancora non hanno incassato tutti i proventi generati da tale diversificazione delle merci. Questo nuovo metodo potrebbe consentire di prevedere la crescita del Prodotto interno lordo (Pil) di ogni nazione del mondo.

Lo studio, condotto assieme all’Università di Roma La Sapienza, si intitola “Previsioni in economia: la dinamica eterogenea di economic complexity” ed è uscito sulla rivista Plos One.

“I Paesi che continueranno a crescere per almeno un altro decennio sono quelli che hanno accumulato un bonus di competitività sul mercato globale che ancora non si è tradotto in un proporzionale aumento di Pil”, sostiene Luciano Pietronero dell’Isc-Cnr che ha coordinato i ricercatori. “Il metodo mostra come alcuni Paesi, che secondo visioni economiche più tradizionali si ritiene siano finiti nella paralisi economica, potrebbero invece esserne già fuori e vantare un’economia in crescita. Secondo le nostre previsioni, Cina e India continueranno a crescere stabilmente per almeno altri 10 anni, raggiungendo un Pil totale di 26 trilioni di dollari nel 2022. Nel continente africano, Senegal, Kenya, Madagascar, Uganda e Tanzania potrebbero ripercorrere le orme delle Tigri Asiatiche, mentre il Sud Africa rischia di essere invischiata nella middle-income trap e Nigeria e Repubblica Democratica del Congo potrebbero finire nella poverty trap”.
Il metodo “selective predictability scheme”, in controtendenza rispetto alle previsioni economiche standard, si basa sul confronto tra il valore monetario di una nazione (Pil pro capite) e la capacità del suo sistema produttivo di innovare e diversificarsi a partire dalle esportazioni globali (Fitness). “L’evoluzione e la competitività tra il 1995 e il 2010, misurate in tal modo, ci permettono di prevedere che le nazioni che cresceranno di più nel prossimo decennio sono quelle che hanno aumentato la loro Fitness prima che il Pil, accedendo così a mercati sempre più esclusivi e remunerativi”, spiegano Matthieu Cristelli e Andrea Tacchella dell’Isc-Cnr, coautori dello studio. “Il loro Pil, prima basso se paragonato alla Fitness, ha così iniziato a crescere e che continuerà a farlo per altri dieci anni”.
Il metodo è particolarmente utile agli investitori per capire che evoluzione economica subiranno i Paesi emergenti e per scovare quelli che diventeranno tali nei prossimi anni. “Guardando alla competitività come a una variabile non uni-dimensionale ma a due dimensioni, quella monetaria e quella misurata dalla fitness, si ottengono previsioni e informazioni inaspettate”, concludono i ricercatori. “Emergono dalle previsioni due macro-aree: una zona non caotica detta laminare, dove la Fitness determina la crescita, e una zona con i Paesi le cui evoluzioni, a parità di Pil, risultano caotiche e determinate da fattori esogeni incommensurabili come mancanza di politica industriale, guerre civili, disastri naturali o eccessiva dipendenza dall’export di materie prime. L’evoluzione delle economie si evidenzia quindi come un sistema estremamente eterogeneo, anche quando le condizioni iniziali in termini di Pil risultino identiche”. (aise)

Redazione

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