“La Libia dell’archeologo Antonino Di Vita” raccontata in un film
“Anni Sessanta: la Libia cambiava pelle in quegli anni. Modernità e tradizione si misuravano, si scontravano. Un mondo si trasformava e io avevo il privilegio di esserne testimone. Ogni giorno mi regalava un tassello nuovo su cui riflettere. Imparai a guardare la realtà in cui mi muovevo senza giudicare, senza pormi sul terreno di una diversità dichiarata. Appresi molto dalle persone più disparate”. Parole di Antonino Di Vita, archeologo siciliano e professore all’università di Macerata, di cui è stato anche rettore. Autore di circa 380 fra studi e articoli scientifici riguardanti tutti i campi dell’archeologia e della storia dell’arte greca e romana e anche l’archeologia fenicio-punica, Di Vita è stato vincitore di molti premi nazionali ed internazionali. Il professore è venuto a mancare a Roma il 22 ottobre di tre anni fa ma oggi rivive in un film che verrà presentato in anteprima a Rovereto. Si tratta di “Storie dalla sabbia. La Libia di Antonino Di Vita” ed è stato prodotto all’Università di Macerata e da Fine Art Produzioni. La pellicola del regista siciliano Lorenzo Daniele verrà proiettata oggi: è stata selezionata per partecipare alla XXV Rassegna internazionale di Cinema Archeologico in corso questa settimana. L’opera è stata, infatti, scelta tra centinaia di pellicole provenienti da tutto il mondo. Il film racconta la Libia di ieri e quella di oggi, filtrata attraverso i ricordi di uno dei più grandi protagonisti dell’archeologia mediterranea. Daniele – dal 2011 docente del Laboratorio di Cinema Archeologico presso la Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici dell’Università di Catania – regala un profilo originale e profondo dello storico. Di Vita è considerato uno studioso “tra i più benemeriti” della cultura italiana “per l’ampiezza degli interessi – ha sottolineato qualche anno fa il professore Gustavo Traversari – che caratterizzano la sua opera, e dei temi che tratta, in quanto tali interessi e tali temi fondono in sé analisi e sintesi, ricerca e interpretazione”. (Gil)
SCHEDA / UN PROFESSORE CHE HA LASCIATO UN SEGNO
È una figura straordinaria quella di Antonino Di Vita (1926-2011), accademico dei Lincei e tra i maggiori archeologi del Novecento. Docente dell’Università di Macerata – dove è preside di facoltà e poi rettore; direttore della Scuola archeologica italiana di Atene dal 1977 al 2000; soprintendente a Roma, Firenze, Siracusa, Di Vita scrive, pubblica, scava, dirige missioni archeologiche: nel 1962 è a Tripoli come consigliere del governo libico per le antichità della Tripolitania. Come archeologo sul campo lavora in Tunisia, in Algeria, in Grecia, in Libia. Dal 1968 l’Università di Macerata, grazie all’impegno di Antonino Di Vita, ha svolto scavi, ricerche e restauri monumentali in Libia, soprattutto nelle città di Leptis Magna e Sabratha, in stretta collaborazione con il governo libico e con il Ministero degli Affari Esteri. L’attività di ricerca dell’Ateneo ha consentito la ricostruzione di alcuni tra i più importanti monumenti dell’intera Africa settentrionale: il grandioso Mausoleo B di Sabratha (che con i suoi 23 metri di altezza costituisce uno dei massimi esempi dell’architettura “barocca” tardo-ellenistica), l’area sacro-funeraria di Sidret el-Balik (che con i suoi 180 mq di pareti affrescate costituisce il più grande complesso pittorico dell’Africa tardo-romana), il monumentale arco quadrifronte innalzato a Leptis Magna in onore dell’imperatore Settimio Severo e della sua famiglia (che oggi – dopo lunghe e complesse opere di anastilosi e restauro – accoglie, così come nell’antichità, i visitatori all’ingresso della città).
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