Emigrazione dei siciliani negli Usa e le fantasiose analogie del “NY Times” con i flussi di immigrati 2014

POZZALLO – ( di Michele Giardina) – Ogni giorno da tutte le parti del mondo, arrivano telefonate al sindaco Luigi Ammatuna, all’amico, al parente, al conoscente, per sapere cosa sta succedendo a Pozzallo, città marinara di diciottomila anime, assediata da sbarchi senza fine di uomini, donne e bambini in fuga da guerre, persecuzioni, fame, miseria. La notizia, dunque, spesso e volentieri nasce via telefono, con il peccato originale della costruzione “de relato”. Dal 1 gennaio 2014 ad oggi, a seguito della operazione “Mare Nostrum”, voluta dal Governo italiano per soccorrere interi popoli in fuga attraverso il Canale di Sicilia, sono sbarcati al porto di Pozzallo oltre 21.000 persone provenienti da Palestina, Siria, Sudan, Ghana, Bangladesh, Marocco, Eritrea, Pakistan, Libia, Tunisi, Nigeria, Egitto, Mali, Maghreb, Algeria, Gambia, Niger, Somalia.

“Nessuno – scrive Jim Yardley sul quotidiano americano “The New York Times” di giovedì 18 settembre 2014 – potrebbe accusare Pozzallo di indifferenza. Questa piccola città, come l’Italia stessa, che ha percorso la sua strada difficile attraverso la crisi migratoria che interessa il Mediterraneo, ha portato in salvo 120.000 persone, quasi il triplo dello scorso anno, mentre 2800 sono i morti in naufragi o nel transito, quattro volte tanto”. Il collega americano, nel riprendere poi con creativi voli pindarici le notizie di cronaca di questi ultimi giorni, conclude affermando:” La Sicilia ha conosciuto sofferenza e stenti, un tempo assistette alla fuga di giovani, che scappavano dalla povertà alla ricerca di migliori opportunità in posti come gli Stati Uniti”.

“Non capita tutti i giorni – ci dice per telefono da Brooklyn il nostro amico italo-americano di Pozzallo, Frank V. Susino – che un importante giornale americano parli di una piccola città come la nostra, per cui, da pozzallese, ho provato una certa emozione nel leggere il pezzo pubblicato in prima pagina”. Facile comprendere la soddisfazione di Susino e sicuramente di molti altri pozzallesi d’America. Per quanto ci riguarda (la notizia è volata velocemente sul web), pensiamo che, ricco di dati, numeri e citazioni, un articolo giornalistico possa e debba narrare fatti e circostanze nel modo più corretto possibile.

Oltre a rilevare che dal 1 gennaio 2014 ad oggi sono sbarcati a Pozzallo non più di 21.000 persone, riteniamo che, dal punto di vista storico, politico e antropologico, l’analogia tra l’emigrazione italiana degli anni 1892-1924 con l’incontrollato esodo di massa dei migranti “mediterranei” di questo terzo millennio, presenti una chiave di lettura molto diversa. Al loro arrivo all’isola di Ellis Island, icona della emigrazione in America, i passeggeri di seconda classe, controllati direttamente sulla nave dalle autorità statunitensi, ricevevano il permesso di sbarcare, mentre gli emigranti, passeggeri di terza classe, trasbordati su battelli, raggiungevano l’isola per essere sottoposti a visita medica. Gli idonei venivano accompagnati nella sala di registrazione. Quelli che non superavano la prima visita, venivano posti in quarantena in un ospedale del luogo, in attesa di ottenere il visto di ingresso negli Stati Uniti. Zoppi, gobbi, menomati, donne e uomini con malattie agli occhi o alla pelle o con leggeri difetti fisici, erano costretti, senza eccezione alcuna, a tornare in patria. Le donne sole, anche se fidanzate, non potevano essere ammesse e dovevano celebrare il matrimonio ad Ellis Island. I minorenni non accompagnati dovevano trovare garanti e gli orfani, se non adottati, venivano respinti immediatamente.

I migranti che sbarcano sulle nostre coste, invalidi compresi, sono invece anonimi, sprovvisti di documenti e di certificazione sanitaria. Identificarli è già un problema! Quarantena? Ma quando mai. Il dato inquietante, al di là di sacrosanti diritti umanitari e di pietismi inutili, è che il Paese Italia oggi non riesce più a gestire e razionalizzare l’incontrollato esodo di massa di migliaia di persone che arrivano dalle nostre parti senza identità, certificazione medica, atto di richiamo, affidavit e quant’altro.

Rispetto all’emigrazione italiana in America, questa è storia diversa, assai diversa, che sarebbe bene raccontare il più fedelmente possibile, sforzandosi di conoscere più a fondo la realtà socio-economica del nostro Paese e magari vivendo in diretta i passaggi ed i capitoli più importanti dell’attuale fenomeno migratorio, come da anni, con l’ausilio di eloquenti immagini riprese da Massimo Assenza, fotografo del nostro giornale, ci sforziamo di fare da questo bellissimo angolo di mondo che numerosi operatori della Tv e della carta stampata, stranieri e italiani, probabilmente, non sanno neanche dove si trovi.

Redazione

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